+ SAPERE = SVILUPPO
“Il mondo della conoscenza prende la parola!”

Come unico soggetto di iniziativa
autonoma nel mondo degli EPR, ci uniremo alle reti del mondo universitario per
rafforzare le proposte che vengono “dal basso”, La Rete Ricerca Pubblica parteciperà al dibattito e sarà una delle
occasioni nelle quali saranno presentate le nostre proposte, offrendo le nostre valutazioni
e le nostre analisi rispetto alle necessarie riforma da avviare nei Sistemi della Ricerca e nel mondo degli Enti Pubblici di Ricerca, in particolare.
Le Proposte di Rete Ricerca Pubblica (consultabili sul blog dedicato unicamente alle proposte e appena realizzato dalla Rete Ricerca Pubblica http://blogretericercapubblica.blogspot.it/) sono
il frutto di anni di esperienze umane e di gruppo nel mondo della ricerca
pubblica, sono il frutto della capacità di fare rete contro tutto e contro
tutti, nonostante le cancellazioni e la precarietà. Le nostre proposte sono anche il frutto del
contatto proficuo con alcune realtà sindacali e di anni “trincea” a cui siamo
stati costretti, nostro malgrado, per difendere un settore strategico per il
Paese.
Ma se noi, al pari dei governanti di
mezzo mondo (progressisti o conservatori che siano), riconosciamo la Ricerca
come strategico volano di sviluppo, innovazione, prevenzione, difesa del
territorio, salvaguardia della salute e del lavoro, siamo certi che sia lo
stesso per la classe politica italiana?
Mentre noi combattiamo per difendere l’autonomia
e la qualità delle nostre attività affinché I NOSTRI RISULTATI siano sempre più
utili al paese e a chi ci governa.. siamo sicuri che chi si candida a governare
il Paese abbia voglia di ascoltarci ed utilizzare le nostre indagini?
Abbiamo
letto i programmi, ascoltato intenzioni e promesse.. vissuto sulla nostra
pelle il frutto di scelte miopi e disastrose, domani proveremo a capire se
dietro quell'incredibile silenzio sulla ricerca pubblica.. vagamente disturbato da quel refrain da disco
rotto "ci vogliono più investimenti in Ricerca (teconologica) e
sviluppo" c’è davvero una speranza concreta e uno spazio di dialogo reale e
costruttivo rispetto a certi temi.
Per
adesso sappiamo che nei programmi depositati non esistono (non esistiamo), gli Enti Pubblici di Ricerca, non sono neanche menzionati, quegli enti che dovrebbero essere considerati anello di congiunzione fra la
Ricerca e la società in tutti i suoi
aspetti, come l'Università è l'anello che congiunge istruzione e ricerca e la
Scuola è l'anello forte fra l'essere umano e la vita sociale tramite
l'istruzione.
Non
sono menzionati gli EPR in nessun programma depositato al Minstero
dell'Interno.
Non
esistono.
Quando
si parla di Ricerca lo si fa poco, male e in modo generico, al massimo si cita
(con le dette modalità) l'Università e/o la Ricerca Medica. Per questo abbiamo elaborato
delle proposte pubbliche e condivise per una riforma degli EPR.
Perché
senza Ricerca non c'è futuro, e non ci sembra il caso!
Fortuna
che mancano ancora 15 giorni alle elezioni ..
presentazione evento left
www.left.it
Il mondo della conoscenza
prende la parola.
Lo spread più grave dell’Italia rispetto ai Paesi più sviluppati è il basso livello dei nostri investimenti pubblici e privati in cultura, ricerca, università e istruzione.
Abbiamo il più basso numero di ricercatori e di laureati tra i Paesi Ocse e una fra le percentuali più alte di giovani laureati disoccupati, o che lavorano poco e male, in condizioni di sottoccupazione e di precariato.
Quattro anni di centrodestra hanno aggravato la situazione, con una contrazione pesantissima degli investimenti in tutta la filiera della conoscenza. Il governo dei tecnici non ha invertito questa deriva. Anzi alcuni di loro, trovando anche grande eco nei media, hanno cominciato a teorizzare che i laureati sono troppi e troppo esigenti, dando addirittura una giustificazione “strategica” ai tagli che hanno colpito la scuola e l’università.
Il primo e inequivocabile segnale che ci aspettiamo dal nuovo governo sarà quello di invertire questa deriva, che ha portato ai limiti della sopravvivenza l’università e la ricerca del nostro Paese.
Dicendo chiaro e forte che nell’economia e nella società della conoscenza il Paese ha bisogno di lavoratori e di cittadini più istruiti e consapevoli. Di più laureati, di più ricercatori. Per aumentare la qualità della propria produzione di merci e servizi. La qualità della convivenza civile e della partecipazione democratica.
Vogliamo un’università e una ricerca migliore e più responsabile. Che sia messa in grado di perseguire in autonomia i propri obiettivi e di rispondere alle domande dell’Europa, del Paese, dei territori. Che accetta di valutarsi e di essere valutata. Ma con una valutazione che serva per crescere e per migliorare, impossibile in un contesto di tagli sistematici e crescenti.
Dopo anni in cui il mondo del sapere, della ricerca e della cultura, è stato colpevolizzato enfatizzando i suoi costi – lontanissimi da quelli di tutti gli altri paesi sviluppati – vorremmo un governo che cominciasse a calcolare i costi dell’ignoranza.
Lo spread più grave dell’Italia rispetto ai Paesi più sviluppati è il basso livello dei nostri investimenti pubblici e privati in cultura, ricerca, università e istruzione.
Abbiamo il più basso numero di ricercatori e di laureati tra i Paesi Ocse e una fra le percentuali più alte di giovani laureati disoccupati, o che lavorano poco e male, in condizioni di sottoccupazione e di precariato.
Quattro anni di centrodestra hanno aggravato la situazione, con una contrazione pesantissima degli investimenti in tutta la filiera della conoscenza. Il governo dei tecnici non ha invertito questa deriva. Anzi alcuni di loro, trovando anche grande eco nei media, hanno cominciato a teorizzare che i laureati sono troppi e troppo esigenti, dando addirittura una giustificazione “strategica” ai tagli che hanno colpito la scuola e l’università.
Il primo e inequivocabile segnale che ci aspettiamo dal nuovo governo sarà quello di invertire questa deriva, che ha portato ai limiti della sopravvivenza l’università e la ricerca del nostro Paese.
Dicendo chiaro e forte che nell’economia e nella società della conoscenza il Paese ha bisogno di lavoratori e di cittadini più istruiti e consapevoli. Di più laureati, di più ricercatori. Per aumentare la qualità della propria produzione di merci e servizi. La qualità della convivenza civile e della partecipazione democratica.
Vogliamo un’università e una ricerca migliore e più responsabile. Che sia messa in grado di perseguire in autonomia i propri obiettivi e di rispondere alle domande dell’Europa, del Paese, dei territori. Che accetta di valutarsi e di essere valutata. Ma con una valutazione che serva per crescere e per migliorare, impossibile in un contesto di tagli sistematici e crescenti.
Dopo anni in cui il mondo del sapere, della ricerca e della cultura, è stato colpevolizzato enfatizzando i suoi costi – lontanissimi da quelli di tutti gli altri paesi sviluppati – vorremmo un governo che cominciasse a calcolare i costi dell’ignoranza.
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