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"Se ho potuto vedere più lontano degli altri... è perché sono salito sulle spalle dei giganti".

Isaac Newton




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lunedì 24 settembre 2012

Lettera al Presidente della Repubblica


INRAN: UNA LAVORATRICE PRECARIA (DA 12 ANNI) SCRIVE...E NOI DIFFONDIAMO!

A Giorgio Napolitano
e Mario Monti

Sono una madre, sono una lavoratrice, sono una cittadina italiana ma sopra ogni cosa sono una persona.
Chiedo quindi il rispetto che è dovuto ad ogni essere umano.

Dal 7 luglio, data della pubblicazione della famosa spending review, l’Istituto di ricerca in cui lavoro da 12 anni è stato soppresso. Da 12 anni lavoro per l’INRAN con un contratto Co.Co.Pro. , già di per se cosa assurda, e il 31 dicembre verrò mandata a casa e, come me, tutti i precari del mio Ente. Non solo, attualmente noi tutti, dipendenti dell’INRAN, sia precari che di ruolo, non riceviamo lo stipendio e non c’è nessuno che abbia avuto la minima decenza di informarci delle motivazioni, dei tempi di attesa, di quale sarà il futuro prossimo. Nessuno sa niente, nessuno è responsabile di niente. Dall’ultimo colloquio che il Ministro del MIPAAF Catania, ministero che vigila sul mio Istituto, ha concesso ai sindacati è emerso che di questa situazione era all’oscuro, che nessuno all’interno del suo ministero aveva la minima idea di cosa stesse succedendo e che cercheranno di trovare qualche soluzione. Nel frattempo io non ricevo lo stipendio, continuo ad andare a lavorare e l’unica certezza che ho è che tra 3 mesi mi ritroverò senza lavoro. Non sono sufficientemente anziana da poter andare in pensione (quale pensione poi, visto che lo Stato italiano non mi ha mai fatto un contratto di lavoro reale ma mi ha sfruttato con il lavoro nero mascherato da contratto) e non sono più giovane da poter essere reinserita nel mondo del lavoro, nonostante la mia esperienza. 

Ma io esisto, esistono i miei diritti, cioè quello di vedermi riconosciuto lo stipendio e di poter lavorare, esistono i miei figli che hanno la strana abitudine di mangiare tutti i giorni.  Il diritto al mio stipendio è un
diritto costituzionale che non mi può essere tolto. Il dovere delle Amministrazioni di rispettare la legge italiana è un dovere al quale non si possono sottrarre. Non sono più disposta a tollerare ulteriormente questo
atteggiamento da parte delle Istituzioni preposte a risolvere il problema. 

Chiedo ed esigo che venga adottata una soluzione immediata che rispetti i miei diritti e sia in linea con la legge italiana. Mi stanno togliendo la salute, mi stanno togliendo il lavoro, mi stanno togliendo lo stipendio. Mi stanno togliendo il rispetto che mi è dovuto come essere umano. E io questo non lo posso proprio tollerare.


Micaela Gadler

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